E LIBERACI DAL GLUTINE…

a cura della Dott.ssa Raffaella Massari, medico

La malattia celiaca è una sindrome, ossia una patologia con molti sintomi correlati tra loro, che sorge da una reazione allergica alla gliadina, proteina che si trova nei farinacei e nei cereali. La reazione che ne consegue determina nell’intestino un’alterazione dei villi intestinali, portandoli alla loro atrofia e quindi all’incapacità dell’intestino di assorbire i contenuti digeriti del bolo alimentare. Ciò determina nell’individuo sofferente una serie di sintomatologie quali anemia, stanchezza, diarrea, flautolenza, amenorrea (assenza del ciclo ovarico), sanguinamento rettale. Nei bambini, anche appena nati, determina una riduzione della crescita, oltre ad un aumento delle ‘colichette’, che sono fisiologicamente tipiche dei primi 4 mesi di vita. Un bambino che rifiuta alcuni cibi è un bambino da sottoporre alle analisi per la celiachia, che sono le analisi delle feci e specifiche del sangue.

La sindrome del colon irritabile (IBS, Irritable Bowel Syndrome) è un complesso di sintomi che originano da tutto l’intero apparato intestinale, dall’esofago al retto: tuttavia il termine stesso limita l’interesse ai segni che originano dall’intestino tenue e colon. Ma il colon irritabile è soltanto la punta di un grosso iceberg che emerge: tra le malattie intestinali che sono sottoposte all’attenzione dei MMG (medici di Medicina Generale) e dei gastroenterologi vi è la cosiddetta Sprue non tropicale o enteropatia indotta da glutine (e gliatina), nota anche come Celiachia, dato l’intimo rapporto con il glutine, proteina ad alto peso molecolare contenuta nel frumento e nei suoi derivati. Questa malattia presenta una certa continuità con la malattia celiaca del bambino e la sprue non tropicale dell’adulto poichè presentano la stessa patogenesi. L’incidenza di questa patologia sulle diverse popolazioni non è ben definita, ma di quelle accertate il 70% sono donne e nei fratelli l’incidenza rispetto alla normale popolazione è più elevata, facendo dedurre che vi sia un trasmissione di un gene dominante a penetranza incompleta. Ma che danno provoca il glutine sulle cellule intestinali? Un possibile meccanismo patogenetico potrebbe risalire nella carenza di uno specifico enzima (peptidasi) capace di idrolizzare il glutine e renderlo digeribile e assorbibile. La mancata idrolizzazione determina un effetto tossico sulle cellule dell’intestino, che esfoliano rapidamente all’interno dello stesso, determinando un aumento di spessore della mucosa intestinale. Il processo è talmente rapido che le nuove cellule che rimpiazzano quelle alterate o morte sono immature e presentano deficit enzimatici diversi. Oltre a questa descrizione prettamente meccanica e da contatto, si è visto che tale rinnovo rapido della mucosa è anche sostenuto dalla produzione di immunocomplessi, che amplificano l’insulto iniziale tossico del glutine. La presenza anche di alcune parti di proteine (aminoacidi), fa anche presupporre l’eventuale natura di un’infezione virale di tipo adenovirus: sequenze aminoacidiche della gliatina A e una proteina virale (E16) e anticorpi Ad12 sono presenti in pazienti celiaci. Una conoscenza della fisiopatologia della malattia depone il medico a una maggiore attenzione anche all’aspetto di insufficienza pancreatica indotta da un’alterazione della mucosa intestinale che sviluppano questi soggetti, in quanto può coesistere una riduzione del rilascio di ormoni prepancreatotropi (secretina o colecistochinina CCK) che determinano una riduzione del livello intestinale di enzimi pancreatici in risposta del pasto. La colecisti, inoltre, esplorabile con una semplice ecografia addominale, sembra essere più refrattaria alla stimolazione della colecistochinina, mostrando deboli contrazioni e difficoltà allo svuotamento, determinando ulteriore danno alla mucosa intestinale.

Ma come si traduce ciò in sintomi? I pazienti affetti da celiachia sono caratterizzati da: calo ponderale, distensione e gonfiore delle anse intestinali, diarrea, steatorrea (presenza di grassi nelle feci), anemia sideropenica (deficit di ferro dell’organismo), perdita di sangue nelle feci, dolori ossei diffusi (per perdita della vitamina D, malassorbimento) con deformità da compressione (cifoscoliosi e fratture di Milkman), astenia.

Le analisi a cui si devono sottoporre i pazienti sono: anticorpi anti-gliatina e anti-transglutaminasi, DQ AB, sangue occulto nelle feci e test di routine con valutazione della VES, fosfatasi alcalina, emocromo, GOT, GPT, amilasi e lipasi pancreatica, FT3, FT4, TSH, AB antiperossidasi e antimicrosomiali (per escludere un ipertiroidismo che potrebbe portare ad un alterato assorbimento intestinale da aumentata peristalsi), ferritina e sideremia. Solo dopo aver eseguito i test ematici deve essere eseguita obbligatoriamente una rettosigmoidocolonscopia e gastroscopia, consultando anche un gastroenterologo con urgenza. Un’ottima gastroenterologia e diagnostica endoscopica è presso l’Ospedale di Civitavecchia (Prof. Dimito), che si avvale di un’equipe di alta professionalità scientifica.

La sensibilità al glutine, spesso confusa con la celiachia, è un problema più diffuso di quanto si pensi. Secondo autorevoli studi, sempre più italiani soffrono di disturbi che potrebbero essere riconducibili alla sensibilità al glutine. Essere sensibili al glutine significa avere sintomi simili – anche se diverse sono le reazioni del sistema immunitario – a quelli della celiachia e dell’allergia al grano senza essere affetti da nessuna delle due patologie. Si tratta di una situazione che, al contrario della celiachia, sembra essere transitoria e potrebbe risolversi dopo un periodo di alimentazione senza glutine. Recenti studi la indicano come una vera e propria malattia, che è in grado di colpire una persona su venti. Rappresenta però una condizione diversa dalla celiachia; infatti la stragrande maggioranza di coloro che ne soffrono non diventerà celiaca nel corso della vita. La differenza è dovuta ad una diversa risposta della mucosa intestinale al glutine. La sensibilità al glutine è associata con la prevalente attivazione della risposta immunitaria innata, in assenza di manifeste modificazioni della normale funzione di barriera della mucosa intestinale. Le lesioni intestinali sono invece tipiche nella malattia celiaca e sono mediate attraverso le vie dell’immunità innata e adattiva. Inoltre, al contrario della celiachia, la sensibilità al glutine non segue un percorso prefissato: i sintomi possono essere più pronunciati o scomparire nel tempo.

La sensibilità al glutine è causa di mal di testa, nausea, irritazione intestinale, stanchezza, dolori muscolari e molti altri problemi a cui, se si ignora la propria condizione di sensibilità, non si sa dare spiegazione. Esperienze internazionali dimostrano come la sensibilità al glutine sia un problema di larga diffusione e confermano che la stima delle persone potenzialmente sensibili al glutine è largamente superiore a quella dei potenziali celiaci ed allergici al grano. A causa dell’elevata variabilità dei sintomi, la sensibilità al glutine spesso viene diagnosticata come la sindrome dell’intestino irritabile.

Al momento è una diagnosi di esclusione, cioè posta quando sono state eliminate altre cause come la celiachia, l’allergia al grano e altre malattie quali il diabete mellito di tipo 1 e l’infezione da Helicobacter Pylori. Pertanto la diagnosi di sensibilità al glutine va considerata in tutti quei pazienti con negatività dei test immunologici per l’allergia al grano, negatività degli anticorpi anticorpi anti-endomisio e anti-transglutaminasi IgA, mucosa normale (Marsh 0) o con lieve incremento dei linfociti intraepiteliali (Marsh 1) e miglioramento dei sintomi nei giorni successivi all’introduzione della dieta gluten free. Il prossimo obiettivo sarà quello di mettere a punto esami ematochimici in grado di diagnosticare la sensibilità al glutine, cosa che, a detta degli esperti, dovrebbe verificarsi entro i prossimi due o tre anni.

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